giovedì 25 dicembre 2014

Giorno del ricordo




Un pezzo di storia italiana,
 rimosso per troppi anni










La legge 92 del 2004 istituisce il  «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e  delle vicende del confine orientale. Voluta dall'allora Alleanza Nazionale, ma poi sostenuta e votata da tutti i gruppi politici, prevede che " La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale."

   
Per comprendere sino in fondo gli orrori delle foibe, gli errori di valutazione e le ipocrisie della sinistra italiana di allora e le simmetriche strumentalizzazioni della parte opposta, la complessità di una situazione di confine con le sue interconnessioni familiari, sociali e linguistici, bisogna partire da molto lontano.
Dalla dominazione austriaca, paradossalmente più rispettosa delle diversità di quanto non sarebbero stati poi gli italiani, si passò alla dissennata opera di italianizzazione e fascistizzazione operata negli anni 20, che maturò i suoi frutti devastanti un quarto di secolo dopo.  
Le parole di Boris Pahor, triestino di lingua slovena, sopravvissuto poi ai campi di sterminio nazisti, ne scolpiscono l'avvio:
"...Già in gioventù ogni illusione ci era stata spazzata via dalla coscienza a colpi di manganello e ci eravamo gradualmente abituati all'attesa di un male sempre più radicale, è più apocalittico. Al bambino a cui era capitato in sorte di partecipare all'angoscia della propria comunità che veniva rinnegata e che assisteva passivamente alle fiamme che nel 1920 distruggevano il suo teatro nel centro di Trieste, a quel bambino era stata compromessa per sempre ogni immagine di futuro. Il cielo color sangue sopra il porto, i fascisti che dopo aver cosparso di benzina quelle mura aristocratiche, danzavano come selvaggi attorno al grande rogo: tutto ciò si era impresso nel suo animo infantile traumatizzandolo. E quello era stato solo l'inizio, perché in seguito il ragazzo si ritrovò  a essere considerato colpevole, senza sapere contro chi o contro che cosa avesse peccato. Non poteva capire che lo si condannasse per l'uso della lingua attraverso cui aveva imparato ad amare i genitori e cominciato a conoscere il mondo. Tutto divenne ancora più mostruoso quando a decine di migliaia di persone furono cambiati in cognome e il nome e non soltanto ai vivi, ma anche agli abitanti dei cimiteri. Ed ecco che quella soppressione, durata un quarto di secolo, raggiungeva lì nel campo il suo limite estremo, riducendo l'individuo a un numero..." Boris Pahpr, Necropoli- Fazi editore


La legge 92/04 completa


   

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